Mi
trovo sulla testa di un cerino da anni per fortuna consumato.
Penso
al fuoco che qui ha acceso, alle vite che queste fiamme hanno divorato.
Oggi
l’evento lo ricordiamo con i nostri vicini, su queste care terre finalmente
senza confini.
In divisa sfilano le comparse, ma non è questo il ricordo che vorrei, non sopporto sulle tragedie le farse.
Mi
estraneo dalla folla e vago per i prati, osservo i nostri fiori, li immagino
allora di sangue profumati.
Sono
giunto infine su una vetta, l’orizzonte si apre tutt’attorno; ora ogni luogo
la storia alla mia mente detta.
Vedo
il Monte Nero con la cima
precocemente imbiancata, un brivido mi scuote se la penso dal sangue colorata.
Limpido
ai miei piedi scorre l’Isonzo, come una perla luccica, ma le sue acque
insanguinate sembravano di bronzo.
Arrampicati
sui monti vedo i paesini, di vita e tepore parla il fumo che esce dai piccoli
camini.
Non
era così quello delle granate, solo morte e distruzione
portava a quelle genti sfortunate.
Alla
fine giungono i perché, e mi chiedo se la colpa sia solo di un re.
Due
guerre tutte scellerate, contro quelle genti innocenti abbiamo
scatenato.
Per
la grandezza dell’Italia oltre i suoi confini, eppure in pace noi vivevamo con
i nostri vicini.
Di
pace ancora non si può parlare se non si riesce a perdonare. Ma siamo noi che
dobbiamo chiedere perdono!
Mi
guardo attorno e osservo quanti siamo. I soliti presenti … i soliti assenti
… !
Forse
saranno sul Piave a ricordare, a Gonars certo no! … non lo si deve nominare
…!
Poi
mi sovviene che è il giorno del Signore. Oggi sono tutti in chiesa a pregare!
Forse
domani sarà il momento buono, non è detto che adesso si debba chiedere
perdono.
No! Neppure domani si potrà fare, ci sarà il consiglio parrocchiale a cui partecipare!