Olga   ed   il   Lintver

 

Generalmente era il gallo più vecchio del pollaio a dare la sveglia ad Olga ed alla sua famiglia. A dire il vero, Olga questa sveglia neppure la sentiva perché amava dormire al mattino, soprattutto d’ estate quando la scuola era terminata.

 Il babbo di Olga, invece, non solo riconosceva il canto del suo gallo fra tutti quelli del paese, ma era anche il primo a svegliarsi in casa per andare  al lavoro.

 Quel giorno, anzi, potremmo dire quella notte, perché la nostra storia comincia già al calare delle tenebre, le cose non andarono nel solito modo. A cena i genitori di Olga avevano parlato a lungo tra di loro, mentre Olga giocava ancora nel cortile con le sue amiche. Era stata una bellissima giornata con un tramonto che aveva dipinto il cielo di rosso e faceva ben sperare anche per il giorno seguente, così decisero che era venuto il tempo di tagliare l’ erba nella Dolina. Il prato, nella Dolina, era grande e bisognava iniziare lo sfalcio di buon mattino, anche perché l’ erba si taglia più facilmente quando è ricoperta di rugiada, e poi,  quando si alza il sole, è gia pronta per essere  asciugata.  Fu così che i genitori chiamarono per l’ ennesima volta Olga a cena e, questa volta senza usare la bacchetta per il ritardo,  le dissero che il giorno seguente avrebbe dovuto svegliarsi presto per recarsi in Dolina  a portare  la colazione al babbo, mentre la mamma  si sarebbe fermata a casa a preparare il pranzo e  li avrebbe raggiunti sul mezzogiorno. Olga, era stata parecchie volte in ” Dolina”, questo è il nome del luogo, poco distante dal Santuario di Castelmonte, dove si trovava il prato: con i suoi genitori a rastrellare il fieno, con le sue amiche  a raccogliere narcisi e mughetti, e conosceva bene la strada, anche andando da sola. Un' ora di cammino ed avrebbe raggiunto il babbo! Quella notizia, così improvvisa, l’ aveva eccitata, sopratutto per la fiducia avuta dai suoi genitori che ora la ritenevano abbastanza grande per allontanarsi da casa da sola. Olga, quella notte, non riuscì a prendere sonno. Si svegliò più volte ad osservare il profilo scuro della montagna che si ergeva proprio di fronte alla sua cameretta e mentalmente ripeteva il percorso che l’ avrebbe attesa l’ indomani. Attraverso la finestra aperta, dal cielo stellato, un tenue chiarore penetrava nella sua stanza.

Ora osservava le stelle ad una ad una. Non l’ aveva mai fatto prima d’ ora, o perlomeno non in questa maniera. Notava come alcune erano allineate, altre, sparse qua e là,  formavano strani disegni. Aveva notato come qualche stella brillasse tremolando, mentre qualcun’altra, pur splendendo intensamente, se ne stava immobile dando al cielo un po’ di chiarore; aveva notato pure che non tutte avevano lo stesso colore. Chi l’ avrebbe immaginato! Inconsciamente, stava scoprendo stelle, pianeti, e nebulose. Così per tutta la notte, tra sonni e risvegli, finchè decise che la giornata doveva incominciare.

 

Olga prepara la colazione al babbo

 

  Si alzò e scese in cucina dove, ad aspettarla come al solito, c’era Mizi, il suo gatto, che dormiva su una sedia.

Lo prese in braccio e cominciò ad accarezzarlo, poi cercò nella credenza qualcosa da mangiare, per sé e per Mizi.

Vi trovò del pane duro, formaggio e un po’ di burro; in una stanza accanto, adibita a cantina, attraverso una reticella che fungeva da porta vide appesi dei salami in un armadio. Non era certo quella la colazione per Olga e per Mizi!  Fu allora che Olga decise di passare all’ azione, del resto ora era grande e doveva rendersi utile alla famiglia.  Decise che avrebbe preparato la colazione per sé, ma soprattutto per il suo babbo che si sarebbe svegliato fra poco. Uscì nel cortile dirigendosi verso il pollaio per raccogliere qualche uovo. Appena fuori dall’ uscio, una brezza di aria fresca la fece rabbrividire. Non era mai uscita  fuori a quell’ora; si fermò nuovamente ad osservare il cielo. Non immaginava che si potessero vedere le stelle anche al mattino. 

Salì sulla scaletta che portava al pollaio e,  giunta al quarto piolo, si fermò. Con uno spintone aprì la porta ed allungò la mano dove sapeva che c’ era una cesta piena di fieno nella quale le galline deponevano le uova. Mizi, che l’ aveva seguita a distanza , stava ad osservare tra l’ incuriosito ed il timoroso.

Olga afferrò  qualche uovo ma, nel buio, strappò anche qualche piuma ad una gallina la quale fuggì volando e strepitando dal pollaio. Il gallo, che era un tipo molto preciso, non aveva gradito quella sveglia anzitempo, e poi… le piume sul didietro delle sue galline… che irriverenza!  Fu così che, in un’ attimo, diede la sveglia a tutto il pollaio, e poi volò  nell’aia  seguito dalle altre galline.

Olga, con le uova nella tasca del grembiule, si diresse verso la stalla. Ora ci voleva del latte caldo! Mizi se ne stava in disparte perché sapeva che la stalla era proibita per lui.  Più volte, attratto dall’ odore del latte appena munto, aveva provato a berne direttamente dal secchio, approfittando di qualche distrazione della mamma di Olga, ma poi l’aveva sempre pagata cara.

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 Quel gatto godeva di poca stima in famiglia in quanto passava tutta la giornata ad oziare anziché dare la caccia ai topi e spesso compiva qualche furtarello in cucina. Per questo motivo la mamma di Olga  aveva convinto il marito che quel gatto andava eliminato. Il papà di Olga  non  avrebbe mai trovato il coraggio di compiere quel gesto, sapendo che Olga adorava  Mizi, però qualche volta, con la scopa di casa, aveva accompagnato violentemente il gatto verso l’ uscio.   Del resto, Mizi non era un cacciatore, né un granchè come coraggio. Anche il poco latte che Olga gli versava nella sua ciotolina, in cortile, veniva bevuto dai gatti del vicinato che  se ne appropriavano con prepotenza. In quella casa non aveva mai  trovato  vita facile, e se non fosse stato per le coccole di Olga, se ne sarebbe già andato da un pezzo. Fu così che anche in quell’ occasione, riuscì ad avere la sua parte di colpa. Il  babbo di Olga, svegliato di soprassalto, sentendo  gli schiamazzi in cortile,  pensò che qualche animale selvatico stesse facendo strage nel pollaio. Afferrò il primo oggetto che gli capitò sotto mano, (guarda caso, la solita scopa) e, giunto nel mezzo del cortile, trovò Mizi assieme alle galline ed al gallo, il quale, per mettersi in bella mostra, aveva sollevato minacciosamente tutte le sue piume puntando contro il gatto. 

  A quella vista il babbo di Olga, pensandolo colpevole dell’ accaduto, inseguì il gatto lanciandogli la scopa e, siccome questa aveva mancato il bersaglio, continuò con una violenta sassaiola. Per  Mizi questo era troppo, così proseguì la sua fuga verso il bosco con l’ intenzione che non avrebbe fatto più ritorno in quella casa. Nel frattempo il babbo di Olga, sentendo muggire le mucche, si diresse verso la stalla dove trovò Olga con in mano il secchio per la mungitura: appena in tempo! Questa cosa poteva diventare pericolosa. Olga spiegò al babbo tutto quello che era successo, ma questi non le disse nulla di Mizi e la accompagnò verso la sua camera dove stavolta si addormentò definitivamente. Quando al mattino fu svegliata dalla mamma, ebbe la sensazione che tutto quello che era accaduto fosse stato solo un sogno. Guardò attraverso la finestra: il cortile sembrava tranquillo, le galline beccavano per terra, ed il gallo, dall’ alto di una cassetta, sembrava avesse ripreso il controllo della situazione. Si recò velocemente in stalla e cercò, in mezzo al fieno, le uova che aveva riposto poco prima. Le trovò, e si rese conto che non aveva sognato. Stranamente, Mizi non si era presentato, come era solito fare, per ricevere le sue carezze.


Olga si dirige verso la Dolina.

 

Le due borse di cibo che la mamma aveva preparato erano veramente pesanti; contenevano di tutto: pane, latte, salame e formaggio, un fiasco di vino, un coltello, dei bicchieri ed un altro fiasco vuoto per l’ acqua che Olga avrebbe dovuto attingere ad una sorgente lungo il percorso. Le ultime raccomandazioni della mamma e poi.. via! Il primo tratto di strada era in pianura ed Olga camminava speditamente. Poco dopo il peso delle borse cominciò a farsi sentire e quando la strada verso la montagna si fece  ripida Olga dovette fermarsi spesso a riposare. Il percorso penetrava a tratti  nel bosco, dove la vegetazione era così fitta da non far passare la luce del sole e l’ aria fresca era permeata dal profumo delle erbe e  dei bulbi dei fiori; a tratti, invece, attraversava grandi prati  con l’ erba tagliata che, sotto i raggi del sole, cominciava  a  diventare fieno.   Giunta nei pressi della sorgente sciacquò con l’ acqua fresca i rigagnoli di sudore che le  colavano dalla fronte: che sollievo! Ne bevette un po’, riempì  il fiasco che aveva portato con sè e si fermò a lungo a riposare. Avrebbe voluto raccogliere dei fiori, narcisi, mughetti,  come era solita a fare qui, con le sue amiche, ma non volle lasciare le borse incustodite. Nel frattempo, una borsa appoggiata sul terreno pendente si ribaltò e da essa fuoriuscì una buona parte del latte contenuto nel fiasco. Quando Olga si accorse di ciò, l’ acqua della sorgente scorreva già tinta di bianco per parecchi metri. 

Chissà che festa se qualche animale si fosse abbeverato a valle in quel momento;  magari un capriolo o chissà quale altra bestia…Olga, dispiaciuta, riprese il cammino pensando al rimprovero che avrebbe ricevuto da parte del babbo.

 L’ incontro con il Lintver

 

Improvvisamente sentì alle sue spalle qualcosa di insolito: un muoversi di fronde di alberi, come se qualche grosso uccello si fosse posato o avesse preso il volo, il tutto accompagnato da uno strano sibilo. Si girò allarmata, ma non notò nulla di strano. Un brivido  attraversò tutto il suo corpo.  In quel momento avrebbe voluto non trovarsi lì da sola. Affrettò il passo,  girandosi di tanto in tanto, ma,  fatti pochi metri, si trovò improvvisamente  di fronte ad un grosso serpente. Olga, terrorizzata, fece un balzo all’ indietro e si mise ad urlare. Quella specie di animale mostruoso sembrava volerle venire incontro, soffiando e sibilando. Ne aveva già visti di serpenti, ma come quello proprio no! No, non si poteva neppure chiamare serpente un animale così; sembrava avesse le ali, dei piedi, le corna…ma cosa diavolo era? Il diavolo… ecco cosa era, il diavolo! Su quella strada raccontavano fosse passato il diavolo, a sfidare la Madonna, ed ora era tornato.  Olga, terrorizzata più che mai, lasciò cadere le borse cercando di fuggire, ma la paura la paralizzava. Nel frattempo, richiamato dalle urla, sopraggiunse Toni, il vecchio guardiacaccia che si trovava nei paraggi, e di fronte alla visione di quell’ animale, imbracciò velocemente il fucile e  mise in canna la cartuccia più potente che avesse mai caricato in vita sua. Mentre Toni prendeva la mira, il serpente soffiò furibondo nella canna del fucile, e quando Toni premette il grilletto, il fucile esplose frantumandosi in mille pezzi.

 Olga continuava ad urlare, incapace di fare un solo passo, mentre il serpente, sibilando, le si avvicinava. Era la fine! Olga ora pregava la Madonna affinchè la salvasse da quella situazione, quando alle spalle del serpente sbucò un animale e si avventò su di esso, conficcando nel suo collo zanne ed artigli. Era Mizi, e lottava contro il serpente con tutte le sue forze. Il serpente cercava di strangolare con la coda il povero gatto, ma questo, trovando la forza ed il coraggio che gli erano  mancati fino ad ora, affondava profondamente i suoi artigli dentro la carne del Lintver. La lotta continuò furiosamente ed a lungo; i due animali  rotolarono lungo il prato, fino al bosco sottostante. Nel frattempo era sopraggiunto il babbo di Olga che da lontano aveva sentito lo sparo e le grida di aiuto. Il guardiacaccia, ancora stordito e con la barba bruciacchiata dall’ esplosione, guardava incredulo i resti del suo fucile: “Il Lintver, è stato il Lintver!” gridò verso il padre di Olga che, nel frattempo, aveva preso in braccio la figlia piangente e tremante. Incredulo, ma di fronte al racconto del guardiacaccia e della figlia, che nel frattempo si era calmata un poco, raccontò pure lui di aver sentito parlare del Lintver, ma finora nessuno l’ aveva mai incontrato e pensava fosse esistito solo nei racconti di suo nonno. Olga raccontò al padre che era stata salvata da Mizi, ed ora le sue preoccupazioni erano solo per il gatto.  Quel giorno,  l’ erba della Dolina non fu falciata, perchè fu tutto dedicato alla ricerca di Mizi. Persino la mamma di Olga, che aveva desiderato la sua morte, partecipò alle ricerche, ma non si trovò traccia nè del gatto nè del Lintver. Anche il guardiacaccia cercò ancora, invano, per giorni e giorni.  Nessuno riuscì mai a sapere se Mizi era riuscito a sconfiggere il Lintver o se questo l’ avesse portato via in volo per divorarlo sulla cima di qualche monte. Neppure il guardiacaccia  seppe spiegarsi se l’ esplosione del fucile era dovuta al potente soffio del Lintver o ad un suo errore nel caricamento delle cartucce. Certo era che il gatto aveva salvato la vita ad Olga, e da quella volta  nessuno più racconto’ di aver visto il Lintver. Questa cosa consolava e riempiva di speranza il cuore di Olga.  La notizia dell’ impresa di Mizi si era sparsa anche nel mondo degli animali, e da quel giorno nessun gatto osò bere il latte dalla ciotola di Mitzi  che Olga provvedeva a colmare ogni mattina nell’ attesa di un suo ritorno.  

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