I l c a s t a g n o
Tu
di queste valli nobile esempio di possenza e di virtù,
osservi
immobile lo scorrere del tempo di chi oggi non ti bada più.
Ben
presto ti ha scordato chi sfamavi,
chi
col legno dei tuoi rami il focolare riscaldavi.
Tu
difendevi il prato dall’avanzar del bosco
e
stretto a te tenevi il terreno nel piovasco.
Seduto
alla tua ombra, la falce il contadino rinfrancava,
ai
tuoi robusti rami, legata era la corda dove il bimbo dondolava.
Ora
ti trovi solo, dal bosco soffocato,
sei
vecchio, sei malconcio e forse un po’ ammalato.
Se
un ramo sopra gli altri senza una foglia svetta,
sembra
additare al cielo per l’ingiuria della saetta.
A
volte sei riverso, al suolo abbandonato,
purtroppo
anche tu hai perso, dal vento sradicato.
E
l’uomo che ti vede non ti dà la sepoltura,
non
porta via il tuo corpo, non libera la radura.
Cresciuti
tra i tuoi resti, tra i rovi e tra gli arbusti,
daranno
i figli tuoi frutti selvatici e disgusti
se
nessuno più li bada, se nessuno ora li cura,
se
nessuno con l’innesto gli rende nobile la natura.
Tu,
di queste valli, albero comune diverrai
e
sopra le altre piante più non comanderai.
Come in un gregge senza pastore
le
pecore ovunque vogliono andare,
così anche gli alberi senza un tutore
ogni
elemento vorran sovrastare.
Scompariranno
i prati, i sentieri e le sorgenti,
divorati
e coperti dagli alberi invadenti.
Uomo
delle valli, dalle perdute virtù,
se
non torni indietro scomparirai pure tu !