Antonio e la morte

Un giorno mentre Antonio si recava in campagna, vide sbucare improvvisamente da dietro un cespuglio la morte. Antonio, a quella visione, sobbalzò  e volle fuggire, ma questa lo chiamò :" Vieni! " gli disse. 

– “Chi sei? Cosa vuoi da me?” chiese tremante Antonio. 

– “ Sono la morte e sono venuta a prenderti.” 

– “Proprio me?” ribatté Antonio. 

– “ Certo, è giunta la tua ora, ” disse la morte. 

– “Ma ne sei certa? Proprio me? Sono giovane ed ho ancora tante cose da fare su questa terra.” 

– “Alla morte non interessano queste cose. Sbrigati perché non sono avvezza a discutere con i prescelti.” 

– “Ma sei certa che sia io il prescelto e non qualche vecchio ammalato e sofferente che ti sta implorando di portarlo via con te?” chiese nuovamente Antonio.

 - “Certo che sono certa: ho ricevuto l’ ordine e tu mi sei apparso.” rispose la morte. 

– “Dammi ancora un giorno solo affinché possa fare il testamento e decidere a chi lasciare i miei averi. Ti prometto che domani mi troverai qui ad aspettarti ed avrò qualcosa anche per te; per oggi cogli un altro.” 

– “Cosa avrò in cambio per questo favore?” chiese la morte. 

– “Lasciami tempo fino a domani per pensare, ti prometto che non ti pentirai.” rispose rincuorato Antonio per quella inaspettata concessione. 

-“Va bene,” disse la morte, incuriosita per ciò che avrebbe ricevuto il giorno seguente, “per oggi prenderò un altro. Bada bene: domani non mancare!” 

– “Stai pure certa che domani non mancherò.” rispose Antonio accennando ad un riverente inchino, ma si fermò subito perché non volle provocare la morte esponendo il suo capo a quella falce scintillante. La morte sparì ed Antonio ritornò di corsa a casa preoccupato e pensieroso sul da farsi. Meditò a lungo per l’ intera giornata, tra l’ incredulità e la disperazione, elaborando numerose ipotesi. Pensò fosse cosa buona andare subito dal medico; forse era ammalato e stava per giungere la sua ultima ora. Se il medico l’ avesse guarito la morte non avrebbe avuto più bisogno di coglierlo. Pensò anche di recarsi in banca per prelevare tutti i suoi risparmi ed offrirli l’ indomani alla morte; forse questa l’ avrebbe lasciato in vita scegliendo al suo posto qualche poveraccio. Per ultimo, pensò anche di raccontare tutto al parroco; magari avrebbe intermediato per lui con il Padrone della vita e della morte. Alla fine, decise che forse sarebbe stato meglio non parlarne con nessuno. Per quella strada nei campi passavano ogni giorno tanti suoi compaesani; la morte, quando fosse arrivata, avrebbe preso il primo malcapitato che fosse passato di li. Il giorno seguente non si mosse da casa ed attese nervosamente che giungesse, e soprattutto che passasse, l’ ora prefissata per l’ incontro. Aveva anche pensato di chiamare qualcuno, senza svelargli nulla, che gli avrebbe dato manforte in caso di bisogno, ma non sapeva come questi avrebbe potuto essergli d’ aiuto. Forse ci sarebbe stato bisogno di lottare  o forse solo una moltitudine di persone avrebbe spaventato la morte tenendola lontana. Neppure quella gli sembrò una buona  soluzione,  ed ora  Antonio guardava nervosamente l’ orologio. Stava per scoccare l’ ora dell’ appuntamento! Qualcuno bussò alla porta di casa ed Antonio cominciò a tremare. Si affacciò alla finestra e, attraverso gli oscuri semichiusi, vide che si trattava di una vecchia signora, avvolta in uno scialle nero, che di tanto in tanto passava per i paesi vendendo falci e rastrelli che produceva in loco. Antonio fu felice per quella visita perché pensò che, se fosse passata la morte in quel momento, magari avrebbe scelto l’ anziana signora ormai quasi pronta per quell’ evenienza. La fece entrare con tutte le sue mercanzie e la fece accomodare per farla rimanere assieme a  lui il più a lungo possibile. Appena fu entrata, l’ anziana signora lasciò cadere a terra la gerla ed i rastrelli. Rimasta con in mano la sola falce, tolse dal capo lo scialle e si rivolse ad Antonio: ”Eccomi, sono arrivata.” 

– Antonio si rese conto immediatamente della grave imprudenza che aveva commesso, in quanto aveva aperto la porta alla morte. Voleva urlare, chiamare gente, ma la paura lo paralizzava ed un nodo gli stringeva la gola. Riuscì balbettando a dire qualche sommessa  parola: 

- " Non era previsto che ci saremmo trovati là, dove ci siamo incontrati la prima volta?

  - “Certo,” rispose la morte, “è là che ti ho atteso e, visto che non c’ eri, sono venuta qua. Non sai che quando giunge  l’ ora la morte ti prende dovunque tu sia? Qual è dunque la tua ricompensa per il giorno di vita che ti ho donato?” 

– “Beh! …dunque… vedi… ho avuto tanto da fare…un giorno passa veloce; concedimi un altro giorno e non ti pentirai.” 

-  Fedifrago! Tu stai scherzando con la morte! Non solo ti porterò via con me, ma prima ti mozzerò il capo con la mia falce. Sù dunque, porgi il capo.” gli disse la morte. “

- Ti prego,” disse Antonio osservando la falce della morte tutta rovinata, “dammi ancora tempo! Non volevo imbrogliarti. Ho già fatto preparare ciò che ti avevo promesso, ma per un uomo non è possibile che questo sia fatto in un giorno solo, ma stai certa che quando riceverai il mio dono anche per te la vita cambierà.” 

– “ Non proferire quella parola dinanzi a me! Io sono la morte che non conosce e non porta vita!” rispose la morte stizzita. 

– “Ho notato,” disse Antonio alla morte, “che la tua falce, seppur lucida, è molto malandata; il legno che la sorregge è tarlato e colmo di crepe. Qui, in un paese in cima alle montagne, la gente produce i supporti per le falci fatti  con un legno indistruttibile. I manici sono capaci di resistere ad ogni sforzo, e poi, conosco un tagliaerba che saprebbe affilare la lama della tua falce in maniera tale che potresti mozzare due teste con un colpo solo. Potresti lavorare un giorno ed un altro riposare.  

- “Ciò che tu noti è vero” disse la morte. “Da quando l’ uomo è comparso su questa terra ho dovuto lavorare ininterrottamente, tutti i giorni, sabati e domeniche compresi, senza mai godere di ferie. Non mi è concesso neppure di ammalarmi, del resto  cosa servirebbe, a me che sono la morte. Anche per me gli anni sono passati. Ricordo che un tempo riuscivo a tagliare migliaia di teste in un giorno solo: le pesti, il colera, il vaiolo, le carestie…! Il lavoro dava veramente soddisfazione!  Ora, se non fosse per qualche guerra, sarebbe dura.” 

– Antonio aveva capito che anche la morte aveva  qualcosa di umano ed approfittando di quel suo momento di sfogo le disse:” Tienimi in vita e sarò il tuo assistente più prezioso. Terrò sempre affilate le tue falci in modo da rendere meno gravoso il tuo lavoro; anche per te gli anni sono passati ed hai diritto ad un piccolo aiuto”. La morte accondiscendette disubbidendo all’ ordine ricevuto e lasciò in vita Antonio, il quale, per tenere fede alla promessasi recava  continuamente a Tercimonte a comprare i manici per le falci e a fare battere le lame. Con quegli attrezzi la morte riusciva a produrre una gran mole di lavoro e nelle valli era tutto una moria di gente. Nessuno sapeva spiegarsi cosa stesse succedendo. Ogni ferita diventava mortale, ogni puntura d’ape, ogni caduta a terra, diventavano fatali. Gli uomini di scienza stavano indagando, studiando i casi, ma non giungevano a capo di nulla. Antonio, nel frattempo, sentendosi protetto, era diventato prepotente ed arrogante. Aveva lasciato il lavoro dei  campi ed aveva  intrapreso una più redditizia attività di commerciante. Voleva arricchirsi ad ogni costo e sottomettere tutti i valligiani. Si recava nelle famiglie più povere, dove la gente spinta dal bisogno doveva vendere tutto, dagli animali della stalla ai mobili di casa, ed acquistava ai prezzi che lui imponeva. Quando incontrava rifiuti minacciava le persone e diventava violento. I valligiani, stanchi di subire soprusi e violenze, avevano cercato addirittura di  eliminarlo, ma sembrava che la sorte lo proteggesse. Nel frattempo le attività di Antonio prosperavano. Ora imprestava il denaro accumulato a chi glielo chiedeva, chiedendo in compenso interessi da usuraio, ed alla scadenza confiscava impietosamente i beni di chi, precedentemente dissanguato, non poteva pagare. L’ odio verso di lui cresceva ma, contemporaneamente, anche il timore, in quanto, chi aveva provato a ribellarsi, non solo non aveva potuto nulla contro di lui, ma addirittura aveva trovato la morte in breve tempo. Gli unici nelle valli ad essere risparmiati dalle angherie di Antonio erano gli abitanti di Tercimonte i quali venivano pagati profumatamente per le falci che gli fornivano in continuazione. Il fatto non passò inosservato in quanto Antonio aveva smesso di fare il contadino. A cosa servivano tutte quelle falci? Molti pensarono che, ora che era diventato commerciante, le rivendesse per guadagnare altro denaro. Ma a chi avrebbe potuto vendere delle falci pagate a peso d’ oro?  Qualcuno volle vederci chiaro, anche perché il sospetto che ci fosse un nesso tra le numerose morti fra la gente delle valli ed il cambiamento così repentino della vita di Antonio, cominciava a prendere piede in parecchie persone. Un gruppo di coraggiosi si riunì in segreto e decise che, a turno,  uno di loro avrebbe dovuto seguire Antonio per scoprire cosa stesse tramando. Lo pedinarono segretamente, giorno e notte. Guai a chi si fosse fatto scoprire! Avrebbe avuto la sorte segnata! Tutto sembrava normale, o quasi, se possiamo ritenere normali i soprusi e le angherie di cui Antonio si rendeva sempre più protagonista. Era stato individuato anche il deposito delle falci, in una vecchia cantina della sua casa. Le falci erano tutte in ordine, appese ad una parete. In un altro angolo giaceva un’ enorme catasta di falci coi manici rotti e con le lame spuntate. Furono quelle falci rotte che insospettirono i valligiani. Non era possibile che qualcuno di loro avesse potuto conciare una falce in quello stato. Nelle valli, lo sfalcio dei prati era il principale  lavoro, ed in questo lavoro i valligiani erano degli artisti. A volte, per  mettere in risalto la loro bravura, spesso disputavano tra di loro delle sfide, su chi tagliava la maggiore quantità d’ erba o su chi resisteva più a lungo senza interrompere la falciatura. Tutte queste considerazioni indussero il gruppo di coraggiosi a verificare a fondo ciò che succedeva in quella cantina. Volevano scoprire a chi servivano quelle falci e chi le aveva conciate in quello stato. Scelsero il più coraggioso tra di loro per questo compito, in quanto si trattava di entrare segretamente nella cantina di Antonio e lì attendere che accada qualcosa. Approfittando proprio del fatto che Antonio si era recato a Tercimonte per acquistare una nuova falce, il coraggioso entrò nella cantina. Non fu difficile in quanto, nelle valli,  non era usanza chiudere le porte a chiave. Si infilò dentro un grosso tino, e lì attese. Le ore passavano ma in quella cantina non succedeva nulla. Era trascorsa tutta la giornata ed il coraggioso cominciava a sentire i morsi della fame; socchiuse per un attimo gli occhi, anche per non pensarci, mentre stavano ormai calando le tenebre, ed il sonno lo colse. Il nostro amico trascorse l’ intera notte in un  dormiveglia, e quando la cantina cominciò ad essere rischiarata  dalle prime luci dell’ alba, il suo stomaco reclamava ancor più fortemente. Sebbene in quei tempi  la miseria e  la fame fossero di casa nella valli, non era così nella casa del arricchito Antonio ed in quella cantina c’ era ogni ben di Dio. Salami e prosciutti pendevano appesi alle travi del soffitto ed il profumo delle botti colme di vino inondava la cantina. Tra le grate degli armadi si intravedeva il chiarore delle forme di formaggio che erano stipate in pile di due o tre.  Come si poteva resistere di fronte ad una simile provocazione dei sensi! Appeso ad una trave, sopra la testa del coraggioso, pendeva un bel salame profumato. Sarebbe bastato un taglio netto allo spago ed il salame gli sarebbe caduto tra le braccia senza alcuno sforzo. Nessun attrezzo era migliore di una delle tante falci per arrivare fin lassù e recidere quello spago che si opponeva  alla giusta fine di quel salame. Il coraggioso afferrò una falce appesa nei pressi del tino e cercò di tirarla a sé. La falce non voleva saperne di staccarsi dal suo sostegno  e questi dovette tirare  con maggior forza.  Quando si accorse che a trattenerla era la mano di uno scheletro, poco mancò che non rimanesse secco dalla paura. Un brivido lo precorse dalla testa ai piedi e tutto il suo coraggio si dileguò. Ora stava tremando come un bambino e  cercava disperatamente una via di fuga alternativa a quella ostruita dallo scheletro. I rumori fecero svegliare Antonio che si precipitò nella cantina. Il coraggioso fu rincuorato per quell’ arrivo ma il peggio doveva ancora giungere. Lo scheletro iniziò a camminare e si diresse con la sua falce verso l’ ammasso di falci rotte, mentre Antonio gli stava andando incontro con una falce nuova fiammante. Quelli furono attimi di terrore, e la realtà superava di gran lunga tutte le storie fantastiche e macabre che da piccolo gli avevano narrato gli adulti, ma  ora qualche mistero cominciava ad essere svelato.  Depositata la falce vecchia e ricevuta quella nuova, lo scheletro diresse per un attimo lo sguardo verso il coraggioso, che svenne, e si dileguò. Per sua fortuna non era ancora un chiamato, per cui la morte non lo vide. Quando si riprese era già giorno e non fu certo se quello che aveva visto era stato un sogno od era realtà. Cercò attorno a sé per vedere se ci fossero state bottiglie di vino da lui svuotate, o forse era stata la gran fame a procurargli quella visione! Tutto lasciava supporre che ciò che aveva visto era realtà. Lasciò immediatamente quella casa e corse a riferire agli amici ciò che aveva scoperto quella notte.  Gli amici non lo presero per pazzo e decisero di recarsi assieme a lui dal curato che ora sembrava il più adatto per risolvere quella delicata situazione. Il curato stava appena rientrando dalla celebrazione di un funerale; lo chiamarono in disparte raccontandogli sommessamente, ma con dovizia di particolari, quanto il coraggioso aveva visto quella notte, ed i loro sospetti su Antonio. Sentito il racconto il curato si mise a ridere ed oltre a dare dell’ ubriacone al coraggioso, invitò tutti alla preghiera perché, di fronte all’ impotenza dell’ uomo, solo il buon Dio ora poteva arrestare la moria che aveva colpito le valli. Si congedò frettolosamente dal gruppo di temerari perché  un altro funerale lo stava aspettando. L’ incontro con il curato lasciò i nostri amici con l’ amaro in bocca, in quanto, proprio ora che credevano di aver individuato la causa di tutti i mali, non riuscivano a trovare aiuto per sconfiggerla. Dopo aver discusso a lungo tra di loro decisero di agire da soli. Escogitarono un piano per eliminare Antonio approfittando proprio della sua avidità; naturalmente, al momento opportuno, avrebbero avuto bisogno di una mano anche dall’ alto. Misero insieme tutti i loro miseri risparmi, e  finsero di organizzare una sfida. Chiunque fosse stato capace di lasciarsi andare, appeso ad una carrucola e senza freni, lungo la  fune dalla quale venivano calate le derrate dal paese di Montefosca, in cima alla montagna,  a quello di Pulfero, a fondovalle, si sarebbe presa l’ intera somma. La voce di questa sfida si sparse per le valli e giunse anche all’ orecchio di Antonio, molto sensibile a questo argomento. Il giorno prefissato Antonio si presentò  all’ appuntamento ma trovò altre persone in lista per la prova prima di lui. Antonio, come sua consuetudine, volle ed ottenne con prepotenza di essere il primo a lanciarsi, temendo che qualcun altro potesse aggiudicarsi la somma messa in palio. Naturalmente nessuno degli altri si sarebbe lasciato andare perché alla fine di quel percorso  chiunque si sarebbe sfracellato trovando morte sicura. Antonio si avvicinò baldanzosamente al punto di partenza ed infilato il gancio della carrucola alla sua cintura si lasciò andare verso valle. Prese rapidamente velocità tanto che neppure i falchi, che l’ avevano scambiato per un volatile, riuscirono a raggiungerlo. Ora vedeva le cime degli alberi correre vertiginosamente sotto i sui occhi; attraversava in un attimo le lunghe scarpate di sassi ed i profondi dirupi mentre vedeva rimpicciolirsi rapidamente il gruppo di persone presenti alla partenza. Sentiva, di tanto in tanto, gli echi delle esultanze dei gruppi di persone che si erano appostate sulle pendici dei monti per assistere alla scena. Naturalmente non erano grida di incoraggiamento in quanto tutti speravano di liberarsi per sempre di lui.  Anche Antonio, ora che si stava avvicinando velocemente alla meta,  fu preso dal panico e si pentì di aver partecipato a quella sfida. Chiuse gli occhi certo che sarebbe arrivata la sua ultima ora, finché udì un forte schianto. Si guardò attorno stordito cercando di capire se si trovava in cielo od in terra. Le esultanze delle persone gli fecero capire che si trovava ancora su questa terra, ed il fatto che queste si affievolivano, mentre gli attimi passavano, fece capire a quelli a monte che le cose non erano andate come previsto. Antonio, dopo un attimo di smarrimento, si alzò esultante e corse ad intascare la somma di danaro.  Tutti rimasero sbigottiti nell’ apprendere che a salvare Antonio erano stati dei mucchi di  fieno posti alla fine della discesa. Eppure nessuno li aveva notati prima della partenza! Delusi per i denari persi, ma non sorpresi, i nostri amici non si scoraggiarono; anzi quella era solo una conferma delle loro supposizioni: Antonio aveva un alleato terribile che lo proteggeva. Ora si trattava solo di affinare le armi e sperare anche nell’ aiuto del buon Dio. Gli tesero un altro tranello, e questa volta il rischio sarebbe stato molto più grande. Si trattava di lanciarsi da un dirupo nelle acque del sottostante torrente Budrin, ai piedi di Montefosca. Nessuno era mai sopravvissuto a quel salto, anzi, quello era il luogo prescelto dalle persone che decidevano di togliersi la vita e non volevano fallire nel loro scellerato intento. Generalmente pazzi od alcolizzati privi ormai dell’ uso della ragione. Solo Antonio in quelle valli, forte del fatto che la morte lo avrebbe risparmiato, avrebbe potuto fare un salto simile, ma anche con quelle premesse, non sarebbe stato facile fargli compiere quel gesto. Si fecero segretamente collette in tutti i paesi delle valli e si raccolse una enorme somma da mettere in palio. Tutti donarono i loro denari volentieri, tanto, prima o poi sarebbero finiti in ogni caso nelle tasche di Antonio. Una parte di quella somma fu data anche ai sacerdoti di tutte le chiese delle valli, in cambio di un favore che i nostri amici chiesero loro. Venne stabilito il giorno e l’ ora della sfida  e la somma raccolta era tale da indurre chiunque al rischio di quel salto. Anche questa volta Antonio si sbarazzò al solito modo di ogni concorrente e fu il primo nella lista. La sua avidità era talmente grande da renderlo cieco e sciocco. Non si accorgeva che il tutto era preparato solo per eliminarlo. All’ ora prefissata Antonio era pronto davanti al dirupo per il grande balzo. Dalle cime di tutti i monti si udiva un suono di campane che si disperdeva fra mille echi nel fondovalle. Anche il buon Dio udì quel suono di campane e disse: 

- ” Cosa sta succedendo laggiù? Oggi non ho ordinato nessuna festività, anzi… mi sembra che là ci sia poco da festeggiare. Ultimante sono molte le anime che mi arrivano da quelle valli. Temo che la morte stia disubbidendo ai miei comandi. Se si è ribellata manderò mio Figlio a sconfiggerla nuovamente!” 

In meno che non si dica, anche la morte trovò la morte, da parte dell’ unico capace di sconfiggerla.  Sulla terra intanto l’ ignaro Antonio stava apprestandosi a compiere il grande balzo. Una moltitudine di persone si era radunata per quell’ occasione; chi urlava, incitando Antonio a gettarsi, e chi pregava sommessamente che il Signore lo prendesse ed avesse pietà di lui, purché nelle valli si ritornasse a vivere. Molti invece osservavano muti e terrorizzati, perché se si fosse scoperto il tranello le loro teste sarebbero passate sotto la falce della morte.  Le acque del torrente scorrevano tumultuose verso valle ed i numerosi vortici sembravano attendere con impazienza quel corpo. Persino un’ aquila aveva lasciato le cime dei suoi monti e si librava sopra quel dirupo nell’ attesa di partecipare all’ eventuale banchetto. Antonio osservava le fronde dei rami che sporgevano dalle pareti rocciose di quelle gole e pensava:

- ” La morte, per non cogliermi, mi sospingerà verso quei rami e resterò appeso ad un di essi, oppure troverò sulle sponde del fiume un soffice letto di fieno ad attendermi".  

Antonio si lanciò nel vuoto, già assaporando il profumo della grande somma messa in palio dai valligiani, l’ unico che le sue narici percepivano; eppure in quelle valli  ogni cosa emanava un profumo: dal fieno essiccato al sole sugli enormi prati della Kraguoinca, ai ciclamini che osservavano l’ acqua sgorgare dalle sorgenti. Anche la terra appena arata, nella quale affondavi le dita raccogliendo le patate, aveva il suo profumo, come pure il letame sparso nei campi ed sudore di chi lì lavorava duramente. Non tutti erano gradevoli, ma senz’ altro erano quelli veri delle valli e dei valligiani. Antonio aveva imparato ad amare il profumo sbagliato. Per tutta la giornata le campane nelle valli continuarono a suonare a festa. La morte non fu sconfitta, ma sostituita da una più giusta,  perché anche quel giorno in un paesino delle valli si udirono dei mesti rintocchi: quello era il paesino di Antonio.

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